“Rifiutate l’enfasi del ‘petrolio’ e la vuota ampollosità del ‘giacimento culturale’. I beni culturali non possono rimanere schiacciati tra un passato da conservare e un futuro incerto: nel presente che vorremmo, il patrimonio è anzitutto un capitale di relazione”.
Questo passaggio del libro “Non è petrolio” di Federico Massimo Ceschin spiega bene perché rifuggire da una concezione di patrimonio culturale come “risorsa passiva anziché viva e pulsante”: un concetto ribadito a più riprese il 17 novembre a Roma (Palazzo delle Esposizioni), durante l’incontro “Non è petrolio: il Patrimonio Culturale nell’era dei selfie”, promosso da Federculture nell’ambito di All Routes lead to Rome.
Riscoprire il valore del patrimonio
La bellezza di un patrimonio culturale dinamico sta nel “suscitare dubbi, nel renderci più flessibili e curiosi rispetto alla differenza e alla diversità”, sottolinea Ermina Sciacchitano, in forza alla Commissione europea e Chief Scientific Advisor dell’Anno europeo del patrimonio culturale. “Se c’è una cosa che ci rende europei, è il tema dell’apprezzamento della diversità”, prosegue Sciacchitano soffermandosi sull’Anno europeo del patrimonio culturale (l’unico anno tematico organizzato dalla Commissione Juncker). “L’Anno europeo del patrimonio culturale sta funzionando bene: è un’occasione per riscoprire il valore del patrimonio. C’era la necessità di quest’Anno proprio perché il patrimonio non è statico, ma è necessario rinnovare continuamente l’attenzione sul suo valore”. Un patrimonio culturale che “va visto nella sua dimensione olistica: tangibile, intangibile e digitale”.
Un approccio trasversale
Nonostante l’Italia abbia un patrimonio culturale immenso, i tassi di partecipazione sono bassi e questo dimostra come la sola “presenza” del patrimonio non basti. Riferendosi ai dati del Rapporto Federculture, Claudio Bocci ricorda che “l’Italia che spende in cultura nelle città lo fa in maniera diversa nelle aree interne” e che nei luoghi più disagiati “mancano occasioni e luoghi per fare cultura”. Ecco perché il tema deve essere messo al centro delle politiche pubbliche. “C’è bisogno di politiche per favorire la partecipazione”, prosegue Sciacchitano ricordando che oggi in Europa si sta adottando una logica trasversale: il patrimonio culturale “è una componente di tante politiche europee”. Un “lavoro partecipato” che è diventato “un’architettura di governance, vista come modello perché unico esempio”, continua Sciacchitano. Tutto questo sarà tradotto nel Piano d’azione per il patrimonio culturale – annunciato nella nuova Agenda europea per la cultura – che la Commissione europea lancerà a breve.
Il patrimonio immateriale e il concetto di comunità
Secondo Patrizia Nardi, esperta in valorizzazione del patrimonio culturale immateriale e candidature Unesco, patrimonio materiale e immateriale sono “facce della stessa medaglia. Non c’è materialità senza creatività. Non c’è immaterialità se non è espressa nel materiale. Questa compenetrazione non è chiara in Italia perché non è chiaro il concetto di comunità”. La comunità è il “luogo centrale del patrimonio culturale” e il patrimonio immateriale è “il cuore della comunità”, riflette Nardi.
In questo contesto, l’Anno europeo del patrimonio culturale ha “una funzione importante, per far sì che le comunità si approprino di questo concetto, del ruolo che devono avere rispetto al patrimonio culturale. Bisogna costruire l’Europa partendo dal patrimonio culturale materiale e immateriale”.
Noi apparteniamo al patrimonio
All Routes lead to Rome continuerà fino al 25 novembre con convegni, seminari, incontri e tutta una serie di attività outdoor che animeranno la Capitale – e non solo – all’insegna del turismo dolce. “E’ un circuito che mette insieme oltre 100 partner. Un ‘modellino’ che dura 10 giorni e che consente di avere tutta una serie di momenti di aggregazione per tornare a essere comunità”, sottolinea Ceschin.
“Non possiamo dire che il patrimonio ci appartiene, siamo noi che apparteniamo al patrimonio”, afferma Ceschin annunciando il suo prossimo libro: “Sarà una narrazione di luoghi e persone. Storie piccole, perché in fondo l’Italia è un paese piccolo piccolo”.
[Commento pubblicato dall’Agenzia AgCult]